C'era una volta
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Giove e l'Affittaiolo  

 
Volendo Giove d'una masseria fare l'affitto, in terra mandò Mercurio a stendere i contratti. Concorse molta gente inutilmente, ché dopo un mar di ciarle, o perché poco sembri il vantaggio a petto della spesa, o per cento incertezze intorno ai patti, quasi fallìa l'impresa.

Un tale finalmente un'offerta azzardò poco prudente, di prendere, cioè, la fattoria per sé a queste condizioni, che Giove gli lasciasse facoltà di fare a suo capriccio le stagioni. Volesse caldo, vento, umido o secco? Bastasse aprir la bocca e in un momento ecco la pioggia ed ecco il caldo, il secco, il temporale, il vento.

Giove disse di sì. Quindi firmato il suo capitolato, il nostro galantuom padron de' campi fa il doppio Pescator di Chiaravalle. Inaffia, soffia, tuona, accende i lampi, e muove la stagione dell'aria anche padrone.

Di questo suo lunario straordinario non ebbero i vicini alcun vantaggio, non più che i più lontani americani. E tuttavia concesse a lor feconda messe il Gran Tonante, e vendemmia magnifica, abbondante.

Vedendo il nostro affittaiol che a stenti ricava invece il frutto dei denari, prova a mutar il corso agli elementi, almanaccando nuovi calendari. Ma un'altra volta fu maggiore il danno, mentre i vicini ancora, che lasciarono a posto le stagioni, i frutti raddoppiarono dell'anno.

Allora il pover'uomo ginocchioni si volse a Giove, un nume di buon cuore, che non fa come i soliti padroni; e venne alla sentenza che sa i bisogni nostri assai meglio di noi la Provvidenza.