C'era una volta
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I due Topi, la Volpe e l'Uovo (Sermone alla signora de La Sablière)  

 
A me facil saría tesser di lodi un serto al vostro nome, Iride bella, se voi di lodi e di profano incenso non foste disdegnosa, in ciò lontana dall'altre belle, cui giammai non sazia cibo quotidian di freschi onori.

Non vidi io mai le donne al dolce suono delle lodi cullate addormentarsi, né le biasmo perciò. Ben le somiglio invece ai prenci della terra e ai Numi.

Quel nettare, che ognor fu dai poeti lodato e che la tazza empie di Giove e del quale s'inebriano i potenti dèi della terra, è questa a voi non grata lode, o gentil, e così grata altrui.

Altre gioie compensano la vostra ambizïon, e son colloqui e dolci amicizie ed incontri e cento e cento argomenti graziosi, in cui si piace il vostro spirto, al profan volgo ignoti.

Scherzi, dottrina, fantasie, nonnulla, tutto scende opportuno e fa smaltato come un prato di Flora il parlar vostro, in ciò simile all'ape industriosa, che si riposa sui diversi fiori ed egualmente trae da tutti il miele.

Non vi spiaccia se anch'io, dietro l'esempio, vado meschiando alle innocenti fiabe un rigo di sottil filosofia oggi di moda, molto ardita e piena di una nuova attrattiva.

O forse un suono ne venne al vostro orecchio? È la profonda dottrina che a una macchina riduce la vita umana e che d'arbitrio sfronda e di giudizio gli uomini, e non lascia che un corpo vuoto senza affetto e cuore.

Tal sen vive e con passo egual, ma cieco, e senza scopo l'oriol cammina, di ruota in ruota, fin che squilla l'ora come vuole il congegno. A ciò la Scienza lo spirito del mondo oggi riduce.

E come l'oriol, dicono i saggi, l'animal si commuove e va diritto ove lo spinge l'impression del senso, non per libero arbitrio, ohibò, ma tratto dalla necessità dura e impassibile, che senza voglia pei diversi stati dell'amor lo trascina e dell'affanno, della tristezza, del piacer, dei forti dolori e per le varie altre vicende, che affetti chiama la volgar sentenza.

Ma voi, gentil, fra l'oriolo e il vostro cuore assai ben distinguere sapete, e non vi allaccia dei moderni sofi la facile dottrina.

A noi maestro è il divino Cartesio, a cui gli antichi siccome a Nume avrian sacrata un'ara; Cartesio, che fra gli uomini e i celesti siede nel mezzo, come stanno in mezzo tra gli uomini e gli allocchi altri sublimi e grossi ingegni.

A voi così ragiona quest'alto mio maestro e mio autore:"Soltanto l'uom fra tutti gli animali, che dalla mano uscirono di Dio, pensa e sa di pensar".

Abbiano i bruti immagini e pensier, ma non avranno l'arte che piega sul pensiero istesso e sugli oggetti del pensiero il raggio.

Ma Cartesio dirà con viso aperto che tutto è spento del pensier il lume negli animali e conveniam con esso, sebben non manchin numerosi esempi a provare il contrario.

E non vediamo nei boschi il vecchio cervo, a cui sul capo cresce per gli anni altissima la selva, quando ferve la caccia e suona il bosco d'urla e di corni e va sbandato il gregge, spingere in bocca agli anelanti cani un giovine cerbiatto, onde sviata sia la caccia da sé? Vedi malizia per salvare la pelle!

E i mille giri, i salti, i sotterfugi, e non son dessi strattagemmi di guerra e non indegni d'un grande capitano e di fortuna più glorïosa?

Ahimè, viene la morte ed è lo strazio delle palpitanti carni agli eroi l'estremo funerale. Così, se vede i piccoli in periglio, la pernice e coll'ali tenerelle impotenti a fuggir, finge pietosa d'esser ferita e trascinando l'ala sul suol, attira i cani e i cacciatori, sviandoli, finché dei figlioletti sia salva la famiglia.

Indi ad un tratto spiccando il vol, addio... Ride e saluta l'uom che col guardo inutilmente spia.

Nella region del polo gli abitanti selvatici, ignoranti vivono ancor coi modi rozzi e semplici dei tempi primitivi.

Ma gli animali, che dimoran ivi, son ingegnosi, e sanno con argini frenar l'acque correnti e collegar le rive dei torrenti.

Questi edifici, in cui si alterna il legno a strati di cemento, ponno all'acqua resistere ed al vento.

Ogni castor col natural ingegno ivi si presta alla comune impresa, i vecchi ed i maestri attenti all'opra e i giovini più destri all'opra, alla difesa.

In paragon di questo anfibio senno di Platon la repubblica famosa è al viver bene un picciol cenno.

Le case alte e palustri questi animali industri elevano l'inverno, e ponti fanno coll'arte lor, che gli uomini non hanno.

Non sanno inver quei rozzi Samoiedi che traversare a nuoto dove per l'acqua non si passa a piedi.

Ma a rimirar l'industria ed il lavoro di queste bestie ah! non si può, no, credere che manchi dello spirito al castoro.

Ma c'è di più, Signora, e ciò ch'io conto l'udii narrar da un re, da un re del Nord, figliuol della Vittoria di cui forse non c'è baluardo maggior contro il pagano indomito ottomano: Sobieschi io dico, onor della Polonia, e parola di re degna è di storia.

Vivon certi animali, egli mi disse, da vecchio tempo in sanguinose risse sempre fra lor, che della guerra il foco da padre in figlio insiem col sangue ispirano.

Sono bestie volpine che della guerra il gioco conoscono sì bene e la faccenda, che non ne sanno gli uomini altrettanto, per quanto abbiano il vanto (e specie al tempo nostro) e l'arti fine di saper ben uccidersi a vicenda.

Avanguardie, spïoni, sentinelle, imboscate conoscono ed insidie e tutte quante della strategia le più maligne e furbe maccatelle, arte infernale e ria che degli eroi fu madre e fia creduta figlia del demonio.

Di queste bestie a celebrar le squadre non basterebbe se tornasse Omero dall'Acheronte nero.

Oh! S'ei tornasse e seco anche tornasse Cartesio, d'Epicuro alto rivale, a contemplar queste vicende e i giochi, che dietro al solo istinto naturale sa compier l'animale!

"A noi dimostra l'esperienza nostra e la natura che la memoria al corpo si collega, e questa in ogni caso il bruto impiega per norma e per misura.

"Iride bella, se a cercar vi piace, voi troverete che il pensier discopre spesso come in rinchiuso magazzino altri pensieri in mente accumulati, e che un oggetto, ove discenda e tocchi un'idea, l'altre tutte ecco si svegliano e balzano da sé senza il bisogno che le guidi il pensier.

Questo è l'Istinto, ma l'uomo ha pure Volontà che impera. Io parlo, io rido, io muovo ambo le gambe, io sento in me lo Spirito che regge e che del corpo apre i congegni e chiude, sento un poter dal corpo mio distinto che se stesso comprende, anzi comprende più sé che non la macchina mortale alla quale comando arbitro e duce.

Or se voi mi chiedete, Iride bella, come sia, non lo so. Vedo l'ordigno obbedire a una man, ma non ritrovo la man che muove il sole e l'altre stelle.

Forse uno spirto angelico si sposa a queste immense moli ed è lo spirto stesso onde vive e palpita e si muove il mortale quaggiù, misteriosa forza mal nota anche a Cartesio (in questo campo siam tutti ciechi) e solamente palese all'uomo, se la cerca in Dio.A me basta, Signora, saper che questo Spirito in corpo agli animali non dimora.

È l'uom il singolare e sacro altare in tutto l'universo. Sta ben, ma di converso ha tanta l'animal vitalità che l'albero non ha.

Andavano due Topi per il pranzo, quando trovano un ovo sulla via. Un ovo basta ai topi che non potrebber divorare un manzo, e pieni d'appetito e d'allegria stanno per rosicchiar ciascuno l'ovo dalla sua parte, quando arriva un terzo incomodo, la Volpe.

Come salvar e riparar nel covo quell'ovo benedetto? Farne un pacchetto, prenderlo, portarlo, girarlo, trascinarlo? Sta bene, è presto detto, ma poi vi aspetto a farlo.

Che fanno i Topi? Mentre ancor la trista feroce camorrista era lontana, per guadagnar la tana l'un d'essi sulla schiena si sdraiò, e l'ovo strinse in un soave amplesso, e dopo un po' d'affanno per la coda il secondo lo tirò. Or voi ditemi adesso che queste bestie spirito non hanno. Ed hanno forse più coscienza e senno i fanciulli ne' lor anni più belli? O non vediam che pensano e non sanno pur di pensar? Ond'io sarei condotto a immaginar nei bruti (ove non possa supporre una ragion) più che un istinto.

Per me, distillerei qualche sottile sostanza, assai difficile, Signora, a concepirsi dalla mente umana, un'essenza di mònadi, un estratto di luce pura, un non so che più vivo, più rapido del foco.

Se dal tronco nasce la fiamma, e non potrìa la fiamma chiarificata ancor dare un'idea dell'anima immortal? E non si vede splender l'or tra le viscere del piombo? Con questa essenza io renderei la bestia atta molto a sentir e un poco ancora a giudicar, ma non di più, né sempre questo giudizio in lei, come dimostra la più dotta bertuccia, è a fil di piombo.

All'Uomo, all'Uomo solo io la potente forza darei che da ragion deriva, due volte assai preziosa ove la guardi sotto duplice aspetto.

Èvvi nell'Uomo un'anima comune a tutti quanti sian pazzi o savi, sian fanciulli o vecchi, tutti animali graziosi e benigni che con tal nome son ospiti in terra.

Ed èvvi una seconda anima santa nata a crear l'angelica farfalla, un divino tesor che Dio dispensa con parsimonia e che ci porta in cielo tra le sfere rotanti.

Entra e si snoda senz'angustie quest'anima nei corpi, e per quanto principio abbia nel tempo, eterna vive, e non mi sembra assurdo.

Fin che questa del ciel candida figlia danza nel corpo tenerello, è lume che poco spande di sua luce intorno; ma quando è la ragion forte al giudizio, entra questo divin raggio di mente per l'universo e la materia penetra, che sempre involgerà l'altra più rude anima sensual serva a natura.