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era una volta, in un antico regno d'Oriente la povera vedova di un sarto, Mustafà, che aveva un figlio unico, Aladino. Il ragazzo non aveva nessuna voglia di riprendere il lavoro di suo padre e preferiva giocare tutto il giorno con altri ragazzi ed andare in giro. La madre faceva di tanto in tanto qualche aggiustatura ed era disperata per il comportamento del figlio.
Un giorno, mentre Aladino stava giocando nella piazza con alcuni suoi coetanei arrivò un uomo strano, proveniente da lontano, da certe zone dell'Africa: era un mago, ma Aladino questo non lo poteva sapere. L'uomo gli si avvicinò e gli disse: Tu sei il figlio di Mustafà, il sarto, vero? Io sono tuo zio, e tanti anni fa sono partito per commerciare. Ora sono tornato, sono ricco e voglio prendermi cura di te e di tua madre. In realtà il Mago non era lo zio di Aladino, ma per fare certe sue magie aveva bisogno di un ragazzo giovane come Aladino. In ogni caso, andò a casa del nostro eroe con soldi e doni, ed anche la madre di Aladino ne fu conquistata, anche se con qualche dubbio: Mio marito non mi aveva mai detto di avere un fratello! Il Mago si offrì di far studiare Aladino e poi di farlo lavorare con lui, e per la madre questa poteva essere una buona soluzione. Passò qualche tempo ed Aladino era diventato più operoso ed in gamba. Un giorno il Mago si offrì di portare Aladino a fare una passeggiata fuori città. Aladino ci andò volentieri. Percorsero un tratto di deserto, poi un pezzo di foresta ed infine arrivarono presso una caverna che si estendeva sotto terra. A quel punto il Mago disse: Ascoltami, Aladino, devo chiederti un piacere. Tu andrai nella caverna, troverai un cunicolo e poi una prima stanza, dove ci sono dei vasi pieni di oro e argento: tu non toccare niente, mi raccomando. Poi arriverai in una seconda stanza, dove ci sono gioielli dappertutto: non toccare sempre niente e vai avanti. Arriverai nella terza sala, dove ci sono diamanti e pietre preziose: tu devi continuare a non toccare niente e devi avvicinarti solo ad un angolo, dove troverai una lampada. Prendila e portamela su. Aladino fece come gli era stato ordinato, senza capire perché lo zio volesse quella lampada vecchia piuttosto che tutte le ricchezze che c'erano in quelle grotte. Alla fine si riavvicinò all'uscita con in mano la lampada. Dammi la lampada, disse il Mago, e poi io ti farò uscire! No, rispose Aladino, prima mi aiuti ad uscire e poi ti darò la lampada. Cominciava a sentire che qualcosa non andava. Infatti il Mago voleva prendersi la lampada e lasciare il povero Aladino nella grotta. Cercò di afferrare la lampada ma Aladino capì di colpo le sue intenzioni e non gliela lasciò prendere: a quel punto il Mago spinse Aladino nella caverna, senza riuscire a recuperare la lampada. Il povero Aladino si disperò: non sapeva davvero come uscire, anche perché il Mago mise una pietra sull'uscita della caverna: contava di farlo morire e poi tornare con calma a riprendersi la lampada. Aladino guardò meglio la lampada: era proprio sporca! Provò a pulirla, e di colpo da dentro la lampada uscì fuori un genio, enorme. Aladino era terrorizzato, ma il genio gli disse: Tu sei il mio padrone, io sono tuo schiavo: ordina qualunque cosa ed io ti obbedirò! Aladino gli chiese di essere portato fuori. Il genio obbedì e lo riportò a casa, dove poté riabbracciare la madre. Il genio disse che ormai era il suo schiavo e non l'avrebbe abbandonato. Così Aladino e la madre poterono migliorare la loro vita. Passò qualche tempo: un giorno, mentre Aladino stava vendendo delle stoffe bellissime passò un servitore del re, dicendo che tutti dovevano rientrare nelle case perché stava per uscire la principessa. Aladino volle rimanere di nascosto a vedere la principessa, Jasmine, ed era così bella che non poté non innamorarsene. Chiese al genio di aiutarlo ad entrare nel palazzo per poterla rivedere. Il genio lo accontentò; Jasmine si innamorò subito di questo giovane così audace e diverso che aveva osato entrare nelle sue stanze. Aladino andò altre due volte da Jasmine, sempre con l'aiuto del genio: la terza volta però fu sorpreso dalle guardie del re: Sire, io amo vostra figlia: permettetemi di sposarla. Il re disse: Ti farò sposare mia figlia soltanto se costruirai in tre giorni un palazzo tutto d'oro e di pietre preziose. Altrimenti morirai per la tua audacia! Aladino chiese aiuto al genio: il palazzo fu ultimato e il re gli concesse la mano di Jasmine. Nella città ci furono festeggiamenti per il fidanzamento. Ma purtroppo una vecchia conoscenza di Aladino stava arrivando: il Mago, certo ormai che fosse morto, era venuto a riprendersi la lampada. Ma quando vide cosa era successo, capì che Aladino era salvo e la lampada era in mano sua. Cosi si travestì da mendicante e si avvicinò al castello di Aladino. Ci lavorava tra gli altri una serva parecchio stupida, a cui il mendicante finto chiese se aveva degli oggetti brutti e vecchi da dargli. La donna gli diede la lampada. A quel punto il mago poté impossessarsi del genio e gli ordinò di portare il palazzo di Aladino, dentro cui c'era anche Jasmine, il più lontano possibile, nel deserto africano. Aladino era disperato, anche perché il re disse che l'avrebbe condannato a morte. Iniziò a fare delle ricerche, ma senza risultato. Il Mago africano invece si sentiva potente come non mai. Ma non aveva fatto i conti senza una scimmietta dispettosa, che un giorno non vista entrò nella sua casa e rubò la lampada. Aladino aveva sempre, sin dai tempi in cui era un ragazzo di strada, amato gli animali: e la scimmietta lo conosceva, perché quando si incontravano lui le regalava sempre delle noccioline da mangiare. Immaginatevi la sua sorpresa quando la scimmietta gli portò la lampada: poté chiedere al genio di andare dove c'era il castello e la sua principessa e riportarli a casa. Il Mago quando vide che tutti i suoi tentativi erano stati vani, si arrabbiò al punto che svanì in una nuvola di fumo. Aladino e Jasmine diventarono poi il re e regina di quella terra, e vissero felici e contenti, con il Genio, che protesse loro, i loro figli e i loro nipoti. |
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