C'era una volta
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IL LEONE E IL TOPO
Da Esopo

Una volta, mentre il leone stava dormendo, un topolino comincio' a passeggiare avanti e indietro su di lui. Il leone si sveglio', mise la sua grossa zampa sopra il topolino e apri' le fauci per inghiottirlo. "Perdono, maesta' - grido' il topolino - lasciami andare, non lo dimentichero' mai e forse un giorno potrei ricambiarti il favore". Il leone sorrise a quelle parole, ma alzo' la zampa e lo lascio' libero. Qualche tempo dopo, successe che il leone fu preso in una trappola e i cacciatori, che volevano portarlo vivo al loro re, lo legarono ad un albero e si allontanarono per andare a cercare un mezzo adatto dove caricarlo. In quel momento passo' di li' il nostro topolino. Vide subito in quale guaio era finito il leone, si avvicino' e rosicchio' con i suoi dentini aguzzi la corda che teneva prigioniero il re degli animali. "Non avevo ragione? - esclamo' - Piccoli amici possono essere grandi amici".


IL CONTADINO E I PANTALONI LUNGHI
 
C'era una volta un marito che disse alla moglie: "Vado a comprarmi i pantaloni". Arrivato al negozio, ne provo' un paio: erano troppo lunghi, ma glieli tirarono su e gli dissero: "Questi vanno bene". Tornato a casa, li indosso' e si accorse che ne avanzava un bel pezzo. Chiese alla moglie di accorciarli ma lei ribatte': "Te lo avevo detto che te li avrebbero dati come non dovevano essere. Non dovevi comprarli". Allora ando' dalla mamma, ma questa rifiuto' e cosi' pure la sorella. Cosi' l'uomo torno' a casa, poso' i pantaloni e ando' a fare una passeggiata nel bosco. La moglie nel frattempo aveva cambiato idea e taglio' quattro dita di stoffa dai calzoni. Poi, usci' di casa per andare a fare la spesa. Poco dopo arrivo' la mamma del contadino e disse: "Se non glieli taglia nessuno, lo faro' io" e via altre quattro dita. La sorella penso' la stessa cosa e siccome in casa non c'era ancora nessuno, fece la sua parte. Quando il contadino arrivo' a mettersi i pantaloni, erano ormai diventati dei bermuda.


COME VENNE LA PIOGGIA
(Racconto Bantu')
Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva. Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo. Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava. Poi tocco' alle giraffe, e agli animali piu' piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi. Ancora niente. Per ultime toccava alle rane. Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua. Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e cosi' presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stanco' di sentirlo e si copri' di nubi per attutire quel suono. Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e cosi' il cielo penso' di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte. Mando' giu' tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente. E da allora si credono padrone dell'acqua, perche' furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.


IL CAGNOLINO SENZA BIGLIETTO
C'era una volta una signora che voleva far viaggiare senza biglietto il suo cagnolino, ma arrivo' il controllore e le disse: "Cara signora, deve pagare anche l'altro biglietto". E lei di rimando: "Ma e' cosi' piccolo, io non pago". Dopo una animata discussione nella quale la signora e il controllore portavano le loro ragioni, per forza contrastanti, il controllore approfitto' del fatto che il treno stava rallentando per afferrare il cagnolino per la collottola e sporgerlo fuori dal finestrino, lasciandolo lentamente cadere nel vuoto. La signora era disperata e chiedeva conforto agli altri passeggeri. C'era chi le dava ragione e chi le suggeriva di rivolgersi alla "Protezione degli animali". Il controllore era ormai pentito di quello che aveva fatto e si stava allontanando dallo scompartimento quando la signora, molto infuriata, gli strappo' dalle mani la pipa e la scaravento' fuori del treno. Alla stazione successiva scesero tutti i due inferociti: lui per l'affronto fatto alla pipa, lei per l'offesa al cane. Non ebbero il tempo di scambiarsi altre parole perche' comincio' un battimani dei compagni di viaggio: stava arrivando il cagnolino con la pipa del controllore in bocca. Poco manco' che i due contendenti si abbracciassero. E tutto fini' per il meglio.


E' ARRIVATO CARNEVALE
Il febbraio pazzerello ci ha portato carnevale a caval d'un asinello e con seguito regale: Pantalone e Pulcinella e Rosaura e Colombina, Balanzone con Brighella e Pieretta piccolina. A braccetto con Gioppino, che dimena un gran bastone, van Gianduia e Meneghino sempre pronti a far questione. Arlecchin chiude la schiera che fra canti e balli e lazzi, lieta va, da mane a sera, con gran coda di ragazzi. Va, fra salti e piroette, seminando per la via tra un frastuono di trombette di coriandoli una scia.


LA STORIA DI UNA GOCCIA D'ACQUA
Di certo non conosci la storia della goccia d'acqua, che trema sulla corolla del fiore. La gocciolina, che brilla al sole come se fosse d'argento, viveva un giorno in un torrentello limpido e chiacchierino. Dopo aver corso a lungo fra due rive fiorite di margherite, un bel giorno la gocciolina precipito' in un grande fiume e comincio' a correre forte e a vedere tante cose belle. Un giorno arrivo' al mare e lo vide bello, pareva un altro cielo, quando era sereno, e invece quando si infuriava diventava una distesa di schiuma bianca. Poi venne un gran caldo e pareva che il sole volesse bersi il mare. La nostra gocciolina si senti' sollevare su verso il cielo: era diventata una specie di fumo leggero e invisibile. E in cielo si trasformo' in una nuvoletta bianca. Aveva molte amiche e con loro giocava volentieri a rincorrersi, fino a quando venne un ventaccio violento e freddo. E tutte le nuvolette si unirono formando un unico pesante nuvolone nero, che fini' per disciogliersi e cadere sulla terra sotto forma di pioggia. La nostra gocciolina ora si dondola di nuovo sulla corolla del fiore.


LA LEPRE E LA TARTARUGA
Da Esopo Un giorno la lepre si vantava con gli altri animali: "Nessuno puo' battermi in velocita'. Sfido chiunque a correre come me". La tartaruga, con la sua solita calma, disse: "Io accetto la sfida". La lepre scoppio' in una risata e la tartaruga replico': "Non vantarti prima di aver vinto. Accetti la gara?". E cosi' fu stabilito un percorso e dato il via. La lepre parti' come un fulmine: quasi non si vedeva, tanto era gia' lontana. Poi si fermo' e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraio' a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si sveglio' la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara. La tartaruga sorridendo disse: "Non serve correre, bisogna partire per tempo".


LA RAPA
(Racconto russo) C'era una volta un vecchietto che pianto' una piccola rapa e disse: "Cresci carnosa e forte". E la rapa crebbe carnosa, forte e tanto grande. Un giorno il vecchietto ando' nell'orto per coglierla, ma tira tira non riusci' a strapparla. Chiamo' allora una vecchina, che si mise a tirare il vecchietto, che a sua volta tiro' la rapa. Tira tira, non riuscirono a sradicarla. Allora la vecchina chiamo' la nipotina, che tiro' la vecchina, che tiro' il vecchietto, che a sua volta tiro' la rapa. Ma nemmeno questa volta riuscirono a strapparla. La nipotina chiamo' allora il suo cagnolino nero. Il cane tiro' la nipotina, che tiro' la vecchina, che tiro' il vecchietto, che tiro' la rapa. Tira e tira, la rapa non si muoveva di un millimetro. Il cane nero chiamo' il gatto, il gatto tiro' il cane nero, il cane nero tiro' la nipotina, la nipotina tiro' la vecchina, la vecchina tiro' il vecchietto, il vecchietto tiro' la rapa. Tutti insieme tirarono e tirarono ancora, ma la rapa rimaneva salda al suo posto. Il gatto chiamo' il topo, il topo tiro' il gatto, il gatto tiro' il cane nero, il cane nero tiro' la nipotina, la nipotina tiro' la vecchina, la vecchina tiro' il vecchietto, il vecchietto tiro' la rapa. E finalmente, grazie ad un topolino, la rapa venne fuori.


LA CORNACCHIA E LA BROCCA
Da Esopo Una cornacchia, mezza morta di sete, trovo' una brocca che una volta era stata piena d'acqua. Ma quando infilo' il becco nella brocca si accorse che vi era rimasto soltanto un po' d'acqua sul fondo. Provo' e riprovo', ma inutilmente, e alla fine fu presa dalla disperazione. Poi, le venne un'idea e volle provare subito. Prese un sasso e lo getto' nella brocca. E uno per volta ne getto' dentro diversi, fino a che pian piano l'acqua comincio' a salire. Allora ne getto' altri e cosi' riusci a bere e a salvarsi la vita. Morale della favola: a poco a poco si arriva a tutto.


IL MIO GATTO
Da Vincenzo Cardarelli Tornando a casa mi imbatto spesso in un bel gatto selvatico e vagabondo, con una grossa faccia baffuta da Gatto Mammone, arrivato dalla Toscana insieme al nuovo portiere e subito ambientato attorno all'aiuola in mezzo al cortile. E' lui che funesta le mie lunghe veglie d'inverno con i suoi miagolii, che mi fa trovare il secchio dell'immondizia scoperchiato e rovesciato sulla soglia, che gioca fra i vasi allineati sul muro, facendone cadere sempre qualcuno e fuggendo poi spaventato. Una sera di pioggia, rincasai piu' tardi dall'ufficio e trovai il gatto accovacciato al riparo sulla soglia di un negozio vicino a casa. Li' per li' non lo riconobbi e feci per accarezzarlo: lui spalanco' la bocca e mi mostro' due bellissime fauci color rosa. Ritrassi subito la mano, temendo un morso e lui miagolo' come per rimproverarmi. Pensai allora che fosse contrariato del mio ritardo e dell'esser rimasto sotto la pioggia, aspettando di poter tornare al riparo nel suo nascondiglio, in un angolo del cortile del palazzo. Appena mi mossi, salto' giu' dalla soglia e mi segui' come un cagnolino. Ogni volta che incontrandolo sul portone gli cedo il passo, da allora mi ripaga con una graziosa alzatina di coda.


I FIUMI RACCONTANO
Anche i fiumi d'Italia cantano, passando fra i monti, fra gli argini e sotto i ponti delle citta'. Il Po dice: "Sono il fiume piu' grande d'Italia, scendo dal Monviso, attraverso Torino e poi solco la pianura Padana fino al mare Adriatico. Ci sono tanti fiumi e torrenti che mi portano la loro acqua.!." E L'Adige dice: "Ci sono anch'io. Arrivo dalle Alpi, passo vicino al lago di Garda e quando siamo vicini, anziche' rispondere al tuo richiamo mi piego a sinistra e in solitudine raggiungo anch'io l'Adriatico". Ecco l'Arno: "Il mio cammino e' molto piu' breve del vostro: nasco nel Casentino e in poco tempo raggiungo Pisa. Pero' io attraverso Firenze e nella mia acqua si specchio' Dante, il divino poeta". La voce del Tevere e' lenta e solenne: "Alle mie foci approdarono le navi dei guerrieri venuti da lontano, guidati da Enea. Suo figlio fondo' Albalonga, poi nacque Roma sui colli che si elevano dalle mie sponde. E la mia acqua, che in tanti secoli ha visto tanta storia, riflette ancora la mole dell'imperatore Adriano". Sommessa e' invece la voce del Volturno: "Presso la mia riva cavalco' Garibaldi che guido' la battaglia per portare il regno di Napoli nell'Italia unita". Ancora piu' al sud, due fiumi parlano insieme: "Siamo l'Ampollino e il Sele, figli della Sila e della Campania. Usando le nostre acque con certi macchinari, gli uomini hanno ottenuto l'elettricita' che fa funzionare altre macchine e illumina intere citta' e paesi".


PERCHE' L'ORSO HA LA CODA MOZZA
Era inverno ed un giorno l'orso incontro' la volpe che sgattaiolava di soppiatto con una lunga filza di pesci rubati. Le chiese dove gli avesse presi e lei rispose di averli pescati. Cosi' l'orso decise di imparare, per non patire piu' la fame. E la volpe spiego': "E' molto semplice. Devi andare sul ghiaccio, scavare un buco, introdurvi la coda e tenervela il piu' a lungo possibile. Se ti fa un po' male, non preoccuparti: sono i pesci che mordono e tanto piu' la terrai quanto piu' farai una ricca pesca. Alla fine, devi tirar fuori la coda con uno strattone forte forte". L'orso fece come la volpe gli aveva spiegato: sentiva freddo e la coda gli doleva e non si accorse che si stava congelando. E quando la tiro' fuori con forza, la coda si spezzo'. Ecco perche' da quel giorno l'orso va in giro con la coda mozza e ancora non ha trovato il modo di procurarsi da mangiare. Vuoi provare tu a dargli un buon suggerimento?


C'E' UNA TANA PER TUTTI
Di Fanny Faifofer Era inverno, faceva un gran freddo, la neve aveva vestito di bianco tutti gli alberi del bosco e uno scoiattolo con i suoi piccoli e la moglie se ne stava al calduccio nel nido. Appena cessato il vento forte che faceva dondolare la casetta, il babbo scoiattolo usci' dal nido per andare a prendere le noci e le nocciole che aveva ben nascosto in una cavita' dell'albero. Era quasi l'ora di pranzo. Era appena sceso che subito senti' una vocina lamentarsi; si volto' e vide uno scoiattolino che aveva freddo e fame. Se ne impietosi' e lo porto' con se' fino al nido. "Vi ho portato un compagno che ho trovato sperduto in mezzo alla neve - disse ai suoi piccoli - volete che lo facciamo entrare nella nostra casetta?". Fu un coro di si'. I piccoli si strinsero di piu' l'uno all'altro per fargli posto. Lo scoiattolino entro', si accoccolo' in mezzo e non gli pareva vero d'essere in quel calduccio. Poi ebbe la sua noce e tutti quanti mangiarono di gusto, e trovarono il gheriglio piu' dolce del solito, perche' erano contenti di aver aiutato quel loro compagno.


LE CAMPANE
Din do lon, din do lon, le campane di Sant'Alo'. Tutto il giorno le suonai, pane e vino guadagnai. Guadagnai un bel cappone, lo portai al mio padrone, il mio padron non c'era, c'era la cameriera, che faceva le frittelle. Me ne dette una, la misi sul banco. Il banco era rotto, sotto c'era il pozzo. Il pozzo era scoperto, sotto c'era il letto, il letto rifatto, sotto c'era il gatto. Il gatto in camicia, che moriva dalle risa. Piovi piovicello, L'acqua nel corbello, Mi ci lavai le mani, Mi ci casco' l'anello. Pesca e ripesca, pescai un pesciolino, vestito di turchino. Lo portai a monsignore, monsignor non c'era. C'era la cameriera, che faceva le frittelle. Gliene chiesi una, mi dette la piu' dura. Gliene chiesi un'altra, mi dette la piu' marcia. La mise sul banco, il banco era rotto. Sotto c'era il pozzo. Pozzo scoperto, sotto c'era il letto. Letto rifatto, sopra c'era il gatto. Gatto in camicia, che moriva dalle risa.


IL CONTADINELLO E IL DIAVOLO
C'era una volta un contadinello che vide sul suo campo, sopra un mucchio di carboni ardenti, un diavoletto. "Sei seduto sopra un tesoro", disse il bambino e il diavolo rispose: "lo so, c'e' piu' argento e oro di quanto tu non abbia mai visto". Il contadinello allora gli fece notare che era tutto suo perche' il tesoro era sulla sua terra. Il diavolo accetto' "di oro e argento i diavoli ne hanno sempre molto" ma in cambio volle per due anni i frutti della terra. Era infatti un diavoletto goloso. Trovarono un accordo: quello che cresceva sopra la terra era del diavolo, quello che nasceva sotto terra era del contadino. Il bambino furbo semino' e come da accordo al momento del raccolto si presenta il diavoletto per avere la sua parte. Ma il contadinello aveva seminato rape: belle rosse sotto terra, con foglie gialle e appassite sopra la terra. Arrabbiato, il diavoletto disse: "per il prossimo anno facciamo al contrario, tu prendi quello che nasce in superficie io quello che sta sotto terra". Il contadinello furbo non semino' le rape ma il frumento e cosi' in primavera ecco un campo di spighe gialle. Una bella burla per il diavolo che se ne ando' arrabbiato. Come erano d'accordo, al contadinello lascio' il tesoro.


LA PAPPA DOLCE
C'era una volta una bambina che viveva sola con la sua mamma. Non aveva un babbo che andava a lavorare per portare a casa qualche soldo per mangiare. Lei e sua madre erano molto povere ed avevano tanta fame. Un giorno, mentre era nel bosco, la bimba manifesto' il desiderio di mangiare. Apparve subito una vecchina che le dette un pentolino e le spiego': "Se dici - Fa' la pappa, pentolino - avrai da mangiare. Quando non ne vuoi piu' basta tu dica - Fermati pentolino - ". E cosi' fu. Per giorni e giorni la mamma e la bambina mangiavano tutte le volte che avevano fame, ma un giorno la mamma rimase sola proprio mentre aveva fame. Chiese al pentolino di fare la pappa ma poi non si ricordava la frase giusta per farlo fermare. Tutte le strade del paese furono sommerse dalla pappa buona finche' a casa non torno' la bambina e disse alpentolino di fermarsi. E come lei, chi voleva tornare a casa doveva percorrere la strada mangiando.


PER OGNUNO I PROPRI FIGLI SONO I PIU' BELLI
C'era una volta un cacciatore che ando' nel bosco per cacciare qualche uccellino. Una beccaccia da un albero lo vide e spaventata chiese: "Per favore non uccidere i miei bambini". Il cacciatore ci penso' un po', poi decise di accogliere la preghiera di quella mamma ecosi' le chiese quali fossero, per riconoscerli. La beccaccia gli disse: "Sono i piu' belli del bosco, li noterai di sicuro". Il cacciatore fece di si' con la testa e prosegui' il suo cammino. Verso sera passo' nuovamente vicino allo stesso albero dove la mattina c'era la mamma beccaccia. Tra le mani aveva tanti piccoli uccellini morti. La mamma li vide e piangendo disse: "Mi avevi promesso di non uccidere i miei figli, perché l'hai fatto?". "Sono i tuoi figli?" rispose il cacciatore - "Ma io ho sparato ai piu' brutti che vedevo". Il cacciatore non sapeva che per un genitore i propri figli sono sempre i piu' belli.


LA STORIA SENZA FINE
C'era una volta un re che voleva dare in sposa sua figlia, ma solo a quell'uomo che avrebbe saputo raccontargli una storia senza fine: chi falliva il tentativo, sarebbe stato espulso dal regno. Davanti al cancello della reggia si formo' una coda lunghissima. Arrivarono molti principi da tutte le parti del mondo e tutti provarono a raccontare una storia eppure finivano sempre. Nessun pretendente aveva fantasia all'infinito. Un giorno al cancello si presento' un contadino, un ragazzo povero che voleva tentare la fortuna. Il re lo fece entrare e comincio' ad ascoltare la storia che faceva cosi': "Un uomo decise di costruire un granaio alto fino al cielo e grande come molti campi messi insieme. In cima lascio' solo un foro grande solo per far passare una cavalletta alla volta. La prima entro' e porto' via un chicco di grano. Poi entro' la seconda, poi la terza... La storia era davvero senza fine e cosi' il re, stanco di ascoltare, dette in sposa la principessa al bravo contadino.


IL PICCOLO GRILLO
Che gran ronzio, nel cielo dorato! Il piccolo grillo, nascosto nell'erba del prato, lo guardo' e per la prima volta vide le api e le vespe. Volle provare anche lui a volare e così apri' le alette e spicco' un salto, ma ricadde subito a terra. Quel gran salto gli era pero' piaciuto ed era molto contento, cosi' ne fece un altro. Era finito in un orto e senti' una gran puzza d'aglio. Poi il piccolo vide del prezzemolo, si avvicino' e incuriosito ne assaggio' una fogliolina. Non fece in tempo a gustarsela che all'improvviso un enorme drago gli si paro' davanti: era una lucertola che stava cercando il suo pranzo. Il piccolo grillo non ci penso' due volte e con un salto fuggi' a rifugiarsi nella sua tana. Quello che aveva visto del mondo gli sembro' abbastanza, per quel giorno. E pensando alla nuova esplorazione dell'indomani, si addormento'.


LA MAGIA DEL BOSCO
Oggi andiamo nel bosco, un posto meraviglioso che nasconde tante belle sorprese. Vi sono tanti alberi che vivono come in famiglia e si vogliono bene. Vi sono quelli vecchi come i nonni, quelli giovani come i bambini. Il fresco che sentiamo è il loro respiro, custodito dall'ombra di sole. Tu raccoglierai le profumate fragoline e le more, tu i funghi, tu le ghiande per il porcellino che ne va matto. Tu invece un mucchietto di legni caduti dagli alberi, per il fuoco nel caminetto. Nel bosco vivono mille creature e ognuna puo' trovare quello che cerca: la farfalla e l'ape i fiori, lo scoiattolo le nocciole da sgranocchiare, la formica le briciole, gli uccelli le bacche. Il ruscello vi trova refrigerio, i bambini l'albero di natale. Per tutti, il bosco riserba dei doni. Per ringraziarlo, basta dargli il nostro rispetto.


LA GALLINELLA
Appena aprono la porta, la gallinella salta a zampe unite nel pollaio. E' una gallina comune, non di quelle dalle uova d'oro. Appena entrata nel pollaio, vede un mucchietto di cenere e come ogni mattina vi si rotola, poi scuotendo forte le ali, gonfiando le piume, scuote le pulci della notte. Appena terminata la toilette, va a bere un po' d'acqua dalla ciotola nell'angolo. Beve a piccoli sorsi e drizza il collo, guardando qua e la' in cerca di cibo. vede le erbette, qualche insetto, briciole di pane sparse per terra. Ha proprio una gran fame e cosi' comincia a beccare fitto fitto, interrompendosi ogni tanto per salutare le sue amiche che stanno arrivando nel pollaio. Alcune hanno al seguito i loro piccoli pulcini, che pigolano chiedendo con insistenza la colazione. La gallinella saluta, contenta della nuova compagnia, con la cresta dritta sulla testa, e continua a cercare altre briciole per finire la sua colazione. Cammina tenendo le zampe rigide, allarga le dita e le posa piano piano senza far rumore. Quando ormai e' bella sazia, va incontro ad una chioccia coi pulcini e comincia a chiacchierare del piu' e del meno. Deve passare la giornata e prima di tornare a dormire deve trovare il modo di non annoiarsi.


IL MAGO BRUSCOLINO
C'era una volta un mugnaio molto povero che aveva cinque figli: quattro maschi e una bambina che non si lamentava mai. Un giorno qualcuno busso' alla porta: era un uomo molto vecchio. "Sono stanco e ho fame... disse... Potete aiutarmi?". Allora la mamma mugnaia gli dette un po' di pane e la sedia meno zoppa della casa. Dopo che ebbe mangiato e dormito, la mattina dopo il vecchietto doveva partire e disse: "Io sono il mago Bruscolino che aiuta l'uomo poverino e vorrei ricompensarvi dell'accoglienza". E cominciando dal figlio piu' grande del mugnaio, chiese ad ognuno cosa desiderassero. Il primo voleva diventare grande come il babbo per andare nel mondo a cercar fortuna, il secondo una bacchetta magica per fare i compiti, il terzo un gran palazzo con tanti sacchi pieni d'oro per comprare tutti i dolci del mondo, il quarto tanti gatti con la coda lunga per divertirsi a tirargliela. Il mago scuoteva la testa, senza dire ne' si ne' no. Poi fu la volta della piccolina. "Davvero ho gli occhi dolci?... disse... Allora vorrei fossero ancora piu' dolci e che guardando ogni mattina le tazze dei miei fratelli il latte diventasse dolce come se la mamma vi avesse messo dentro dello zucchero". Sentendo queste parole, il mago sorrise: "Esaudiro' il tuo desiderio e mandero' la fortuna su questa casa". E cosi' il mugnaio e la sua famiglia non furono piu' poveri.


TREMOTINO
Un giorno un mugnaio racconto' al suo re che aveva una figlia molto bella e che soprattutto sapeva filare la paglia trasformandola in oro. Naturalmente non era vero e cosi', quando il re chiese di vederla, il mugnaio si senti' perso. Ma non aveva scelta e il mattino seguente si presento' al castello con la figlia. Il re le promise di sposarla se avesse trasformato davvero la paglia in oro, altrimenti, se non ce l'avesse fatta in una notte, per lei c'era la prigione a vita. La bella mugnaia non sapeva come fare e comincio' a piangere. Tra le lacrime vide pero' che nella stanza c'era un omino piccolo piccolo che le propose uno scambio: il suo primo figlio in cambio della magia. La ragazza non aveva scelta. La paglia si trasformo' in oro, il re la sposo', nacque un figlio e l'omino, puntuale, si presento' per portarsi via il bambino. Ma la mamma non voleva, comincio' a piangere e cosi' l'omino le disse: "Se entro domani non riuscirai a scoprire il mio nome portero' via il bambino". Fortunatamente ormai la mugnaia era una regina, cosi' un suo servitore l'aiuto' a scoprire il nome dell'omino: si chiamava Tremotino. E cosi' il bambino rimase per sempre insieme alla sua mamma.


I MESI DELL'ANNO
I bimbi lo sanno che i mesi dell'anno, fra grandi e piccini, son dodici in tutto. Se ognuno ha il suo fiore, se ognuno ha il suo frutto nessuno e' fra loro piu' bello o piu' brutto. Son tutti fratelli, ognuno ha un mestiere: chi cura i piselli, chi porta un paniere; chi pota, chi innesta, chi ara, chi miete; chi porta una brocca di acqua a chi ha sete; chi versa uno scroscio di pioggia lucente... nessuno sta in ozio guardando la gente. Piu' bella famiglia nessun vedra' mai. Son dodici mesi e tutti operai.


LA SAGGIA GHITA
C'era una volta una cuoca che si chiamava Ghita e che viveva da un buon padrone. Aveva pero' un difetto: era golosa. Ed ogni volta che cucinava assaggiava le pietanze e beveva bicchieri di vino. Un giorno il suo padrone le dette da cucinare due polli perche' aveva invitato un ospite. La donna li spenno', poi inizio' a cuocerli. Arrivata l'ora di pranzo l'ospite ancora non c'era cosi' il padrone decise di andarlo a cercare. Grave errore... la cuoca golosa inizio' prima con un'ala, poi con l'altra finche' tra un bicchiere di vino ed un altro, mangio' tutti e due i polli. Quando l'ospite arrivo', del pranzo non era rimasta neanche una briciola, allora la furba donna gli disse: "Voi pensate di essere venuto a pranzo ma io vi dico che il padrone vuole invece farvi mangiare e bere per poi rapinarvi. Vi conviene correre via". E cosi' fece l'ospite. Ma la bugia non era ancora finita. La cuoca al padrone disse invece che l'uomo era entrato in cucina e aveva rubato i due polli. Il padrone si arrabbio' moltissimo e comincio' a rincorrerlo ma l'ospite, che aveva paura di perdere tutti i suoi soldi corse piu' veloce, lontano lontano.


LA GIRAFFA VANITOSA
In una foresta viveva una giraffa dal collo alto alto. Era bellissima, agile e snella. Tutti gli animali l'ammiravano e le facevano i complimenti. Ma la giraffa aveva il difetto di essere molto vanitosa cosi' passava tutto il suo tempo a guardarsi negli specchi d'acqua senza mai stare in compagnia degli altri animali. E quando questi avevano bisogno di un favore, era troppo presa a guardarsi allo specchio per aiutarli. Cosi' un giorno una scimmietta decise di darle una lezione e le disse: "Esiste un albero che ha tanti frutti dolci dolci. Con il tuo collo potresti mangiarli. Vieni che ti faccio vedere qual e'". La giraffa si mise sotto l'albero ma era cosi' alto che neppure allungando il suo collo gia' lungo riusciva a mangiare i frutti. La scimmietta allora le salto' sul dorso, poi le sali' sul collo fino alla testa e con le sue manine prese il frutto e glielo regalo'. Ma le disse anche: "Vedi, nella vita arriva il momento per tutti di aver bisogno di un amico". E la giraffa vanitosa imparo' la lezione.


IL RIVENDITORE DI STOFFE
C'era una volta, ad Istambul, un uomo che vendeva le stoffe che tesseva sua moglie. Erano stoffe bellissime, di seta, molto preziose. Un giorno l'uomo andò al mercato per venderne un pezzo e poter così comprare da mangiare per sé e per i figli. Incontrò tre uomini che si mostrarono subito interessati alla stoffa. Ma erano commercianti molto avidi e non volevano pagare il giusto prezzo. Al venditore dissero che la stoffa era poca per quel prezzo, ma era una scusa. L'uomo capì che lo volevano imbrogliare e decise di non venderla. La sera, a casa, insieme alla moglie decise di punire l'avarizia di quei commercianti. Presero scarpe vecchie, borse rotte, sciarpe ormai usurate e le avvolsero in un pezzo di seta che cosi' sembrava molto piu' grande e lunga di quanto fosse in realta'. Il mattino seguente l'uomo ando' al mercato ed inizio', con i soliti mercanti, la contrattazione ad un prezzo maggiore di quello che aveva chiesto il giorno prima. E a quel prezzo la stoffa, piena di cose vecchie, riusci' a venderla. Cosi' l'uomo ebbe il giusto prezzo per il lavoro di sua moglie e i commercianti la giusta stoffa per il prezzo pagato.


LA TARTARUGA FURBA
Un giorno una volpe affamata vide una rana sulla riva di un lago e decise di mangiarla. Ma una tartaruga capi' le sue cattive intenzioni e le diede un morso sulla coda. La volpe si arrabbio' tanto che decise di mangiarsi anche la tartaruga, ma si fece solo male ai denti che non riuscirono neppure a scalfire il guscio del piccolo animale. Allora la volpe disse: "Ora ti butto nel fuoco" e la tartaruga: "Grazie, ho un gran freddo, cosi' mi riscaldo". La volpe cambio' idea: "Allora ti butto in aria cosi' morirai cadendo". "Grazie - rispose la tartaruga - cosi' potro' giocare con le nuvole" . "Allora di butto in acqua". "No - grido' la tartaruga - non so nuotare, non mi uccidere cosi'". E la volpe allora la butto' nel lago. Ma la tartaruga, in realta', sapeva nuotare molto bene e cosi', ridendo, raggiunse la sua amica rana. E insieme iniziarono a prendere in giro la volpe che, invece, non sapendo nuotare, non poteva raggiungerle.


I MUSICANTI DI BREMA
c'ERa una volta un asino, ormai vecchio e stanco, e il suo padrone voleva disfarsene. L'asino capi' le intenzioni e parti' per Brema: voleva entrare nella banda e campare facendo musica. Per la strada incontro' un cane, anche lui avanti con gli anni, e lo invito' a seguirlo per Brema. Cammina cammina, incontrarono un gatto, anche lui male in arnese, che ormai preferiva dormire vicino alla stufa anziche' dare la caccia ai topi. "Vieni a Brema con noi a fare il musicante", gli disse il cane e cosi' i tre proseguirono insieme il viaggio, fino a che si imbatterono in un gallo che strillava a piu' non posso, perche' volevano tagliargli la gola. "Non strillare e seguici", gli disse l'asino. Arrivo' la sera e i quattro decisero di fermarsi a dormire in un bosco. Il gallo era salito su un albero che gli pareva sicuro e vide una casa con una tavola apparecchiata con ogni ben di dio e quattro briganti che mangiavano a quattro palmenti. Arrivati vicino alla casa, i quattro decisero di fare un bel concerto: l'asino comincio' a ragliare, il cane ad abbaiare, il gatto a miagolare e il gallo a fare chicchirichi'. Poi spalancarono la finestra e si lanciarono nella stanza. I briganti si impaurirono cosi' tanto che fuggirono nel bosco a gambe levate. Uno di loro torno' alla casa per vedere cosa era successo, ma ebbe a pentirsene: il gatto lo graffio' tutto, il cane gli morse una gamba, l'asino gli diede un bel calcio e il gallo canto' chicchirichi con tutto il fiato che aveva in gola. Il brigante torno' dai suoi compari per riferire e la paura lo fece prendere lucciole per lanterne: racconto' che una strega lo aveva graffiato, un uomo col coltello lo aveva ferito alla gamba e un uomo nero lo aveva aggredito con una mazza, mentre sul tetto il giudice gridava: "Portatemi quel birbante". E cosi' i nostri amici musicanti poterono levarsi la fame prima di riprendere il viaggio per Brema.


LA PRINCIPESSA DEL PISELLO
C'era una volta un principe che cercava moglie. Voleva una vera principessa e si mise a cercarla per mesi e mesi in tutti i paesi del regno, ma non riusciva a trovarla. Il re suo padre era preoccupato e una sera di primavera che pioveva a catinelle, qualcuno busso' alle porte del palazzo. Il re si affaccio' e vide una ragazza, con gli abiti e i capelli inzuppati di pioggia, e le chiese sgarbatamente chi fosse. "Sono una principessa", rispose lei. Il re comincio' a ridere, perche' non credeva a quelle parole. Allora sua moglie intervenne: "Con questo tempaccio si prendera' un malanno, dobbiamo darle un riparo per la notte". E cosi' la ragazza venne accolta al castello. Vista da vicino, sia pure di bell'aspetto, tutto sembrava fuorche' una principessa, ma il principe volle metterla alla prova e diede ordine alle cameriere di mettere un pisello sotto il materasso. "Se riuscira' a sentirlo, nonostante tutto, capiremo che e' una principessa". Il mattino dopo la ragazza si presento' nella sala del trono con gli occhi cerchiati e il volto pallido. "Hai dormito bene?" chiese in coro la famiglia reale. "Non ho chiuso occhio - rispose - C'era un sasso, nel mio materasso, che mi ha tolto tutto il riposo". Il principe non stava piu' nella pelle. Cominciarono subito i preparativi per le nozze, che furono celebrate pochi giorni piu' tardi davanti a centinaia di invitati.


GIOVANNA, LE SUE AMICHE E UN PRINCIPE
C'era una volta un contadino che aveva una figlia bellissima e sempre allegra, di nome Giovanna. Nella citta' vicina, c'era invece un re preoccupato perche' sua figlia era sempre triste e scontenta. Nemmeno i piu' bravi giullari riuscivano a far ridere la principessa e cosi' il re fece chiamare il contadino, per chiedergli di mandare Giovanna a corte a fare da damigella di compagnia alla principessa. Giovanna non ci penso' due volte: vestita com'era, corse in citta' e davanti al re non si intimori' per nulla. In pochi giorni, la ragazza riusci' a rendere allegra la principessa ma poi le venne il dubbio che potevano annoiarsi a passare tutto il tempo chiuse nel castello. E cosi' Giovanna propose alla principessa di viaggiare, di conoscere paesi e persone nuove. Il re non voleva saperne, perche' temeva uno scandalo, ma quando Giovanna disse che potevano organizzare un viaggio con altre dieci amiche, tutte vestite uguali, il re non pote' piu' opporsi. Le dodici amiche visitarono posti bellissimi, fino a quando giunsero al palazzo di un re che aveva un figlio capriccioso e furono invitate ad un banchetto d'onore con undici amici del principe. Durante il pranzo Giovanna fu divertente piu' del solito e disse che fra di loro c'era una principessa. Alla fine, le ragazze ripartirono, ma il principe non si dava pace. Credeva che la principessa fosse Giovanna e aveva deciso di sposarla. Si mise a cercarla dentro e fuori dal regno, finche' giunse alla reggia e chiese subito al re la mano di Giovanna. "Sono la figlia di un contadino - rispose lei ridendo - e non voglio diventare una principessa. E' lei, la figlia del re e io le voglio bene come ad una sorella. Con la mia allegria l'ho tolta dalla tristezza, tu col tuo amore rendila felice".


IL CAVALLO DEL BAMBINO
Il cavallo del bambino Va pianino, va pianino Il cavallo del vecchietto Va zoppetto, va zoppetto Il caval del signorino Va lentino, va lentino Il caval del giovanotto Va di trotto va di trotto Il caval del signorotto Va al galoppo al galoppo Il caval del mio compare Come il vento sa volare E il caval che va alla guerra? ..patapumfete tutti giù a terra!


LA FATA DEI DENTI
Enrico è un bambino con i capelli rossi e il nasino pieno di lentiggini. Ha le guance tonde e un adorabile nasino a patata. Purtroppo gli sta succedendo qualcosa di molto imbarazzante. Ormai ha sei anni e comincia a perdere i dentini. Il primo a cadere è stato uno di quelli davanti. Che rabbia, povero Enrico. Gli amichetti della scuola lo prendono in giro, ma non solo. Anche la bambina con le trecce bionde della prima si mette a ridere quando Enrico la saluta e le fa un sorriso. Anche se mamma e papa' cercano di consolarlo, magari mettendo alcune mille lire sotto il suo cuscino facendo finta che arrivano dalla Fata dei dentini, Enrico è sempre di cattivo umore. "Perchè devono cadere i denti?" chiede sempre il piccolo alla nonna. "Non capisco perchè, dopo avere sofferto per farli crescere, devono cadere ancora e poi ricrescere" si domanda spesso guardandosi allo specchio. La nonna gli ha spiegato che basta avere un po' di pazienza e poi tutti i denti torneranno al loro posto, piu' forti di prima. Ma Enrico non si accontenta e vorrebbe accelerare i tempi, per non dover più sopportare gli scherzi dei compagni di classe. Una mattina, pero', arrivo' il momento della vendetta, anche se pacifica. Arrivo' a scuola e vide che Michele, il bullo della classe, era triste e chino sul banco. "Ha perso il primo dente", sussuro' Eleonora. Quella mattina Enrico segui' le lezioni sereno e torno' a casa di buon umore. Finalmente poteva dividere con qualcuno la sua frustrazione!


UNA MONTAGNA DI ROSE
C'era una volta un re che abitava una montagna dove migliaia di rose di tutti i colori crescevano rigogliose per tutto l'anno. In quel regno uomini, donne e bambini vivevano in pace tra loro e con i paesi confinanti. Un giorno arrivarono nel Regno delle rose dei messaggeri che portarono cattive notizie. Il re di un paese lontano aveva cominciato un lungo e terrificante viaggio con i suoi eserciti, alla conquista di tutti i regni che incontravano sul loro cammino. Gli uomini dell'imperatore conquistatore proposero al re delle rose di arrendersi. "Mai, rispose lui, il mio regno dovra' restare libero da ogni schiavitu' o imperialismo". Purtroppo dopo pochi giorni arrivarono i cavalieri stranieri che iniziarono a distruggere i roseti e le case che incontravano sulla via per la fortezza. Il re che voleva difendere il suo regno, fu fatto prigioniero e portato in una terra lontana. Riuscito a fuggire, torno' al suo regno. Sulla strada del ritorno, da lontano, riusciva a vedere la montagna, ma niente altro. Infatti l'imperatore aveva distrutto tutte le piante di rose. Per vendicarsi, il re decise che avrebbe ricostruito tutto come era prima. Ora che aveva sconfitto il potente imperatore e aveva scatenato contro di lui i popoli conquistati, non rimaneva che ricominciare. Il re ripenso' allo splendore del suo giardino di rose sotto il sole e comprese che cosa aveva attirato gli stranieri sulla sua montagna. Erano state la serenita' e la gioia di un paese bello e semplice come un fiore. Ma invece di arrendersi al grigio di una natura nascosta, il re volle acccrescere l'abbondanza di colori e di vita del suo giardino. All'arrivo della bella stagione, la montagna era tornata la patria della felicita'. Ormai i roseti arrivavano fino ai piedi dell'altura, non si fermavano come prima della guerra, intorno al castello. Da tutti i popoli confinanti, quella era conosciuta come la "Montagna di rose".


LA DONNINA CHE SEMINA IL LINO
La donnina che semina il lino volta la pagina e vedi un bambino; Il bambino che gioca per terra volta la pagina e vedi la guerra; la guerra con tanti soldati volta la pagina e vedi i malati; i malati con tanto dolore volta la pagina e vedi il dottore; il dottore che passa tra i letti volta la pagina e vedi i confetti; i confetti che son tanto buoni volta la pagina e vedi i mattoni; i mattoni ammucchiati per via volta la pagina e vedi Lucia; la Lucia con la veste di lino volta la pagina e vedi Arlecchino; Arlecchino che fa lo sgambetto volta la pagina e vedi il galletto; il galletto che canta più forte volta la pagina e vedi le porte; dalle porte ci passa la gente volta la pagina e non vedi più niente.


NINNA NANNA NINNA NANNA
Fai la nanna bimbo amato fai la nanna sopra un prato di viole tutto adorno che profumino il tuo sonno Fai la nanna gioia mia che la mamma non và via i suoi occhi come stelle scalderanno la tua pelle Fai la nanna pargoletto fai la nanna stretto al petto sogna nuvole argentate dove regnano le fate sogna nuvole d'argento dove volano bambini coccolati in braccio al vento come tanti palloncini Fai la nanna tesoruccio chiudi i sogni in un astuccio e conservali geloso lungo tutto il tuo riposo Fai la nanna cuor di panna dormi stretto alla tua mamma che ti canta la canzone per donarti un'emozione Fai la nanna fiorellino fai la nanna nel giardino dove margherite gialle fanno il nido alle farfalle Dormi e sogna cuoricino e percorri il tuo cammino di saggezza e di sapienza conservando l'innocenza.


PERCHE' LE DONNE NON HANNO LA BARBA
Tanto tempo fa le donne avevano la barba. Non era come quella degli uomini. La barba delle donne era piu' lunga, sottile e piu' bella. Le donne si prendevano grande cura della loro barba. La maggior parte ne andava cosi' orgogliosa da gareggiare con gli uomini, anche con fratelli, mariti o padri. Una delle donne piu' attente alla propria peluria del mento era Nkemdiche. Lei e le sue tre sorelle erano le figlie di un uomo chiamato Enyioma. Le ragazze erano ammirate da tutti per la loro bellezza, soprattutto per la raffinatezza della loro barba. Vicino alla loro casa abitava il re Enyi Mba. Il suo tesoro più prezioso era un anello d'oro. La figlia del re era una ragazza di buon cuore che quando c'era bisogno dava una mano ai servi che tenevano in ordine la casa. Un giorno stava lavando i piatti e non si accorse che l'anello del padre era stato dimenticato su uno di questi. Rassettando la cucina, getto' senza volere l'anello nell'acqua usata per risciacquare. L'anello finì' nelle fogne e poi in mare, dove venne mangiato da un pesce. Un giovane pescatore, quello stesso pomeriggio, pesco' cosi' tanto pesce da sfamare per un po' la sua famiglia e da avere abbastanza merce da portare al mercato. Mentre stava pulendo una delle carpe, trovo' nelle sue viscere l'anello perso dal re. Allegro per la scoperta, ando' subito al mercato a vendere il gioiello, che venne comprato da Nkemdiche. Mentre il pescatore non sapeva di chi fosse l'anello, Nkemdiche lo aveva capito ma non volle ridare il monile al suo proprietario. Anzi, lo nascose nella barba. Quando il re si accorse di non avere piu' l'anello, comincio' a cercarlo ovunque. Nessuno aveva idea di dove fosse finito. Il pescatore, venuto a conoscenza della ricerca del re, capi' di chi era l'anello trovato nel pesce. Sapendo che il re non lo avrebbe punito per la sua buona fede, ando' al castello a raccontare la storia della sua pesca miracolosa e della vendita dell'oggetto. I servi del re cercarono ovunque Nkemdiche, ma senza successo. La ragazza si era nascosta, sperando di cavarsela. Il re mise una taglia sull'anello. Allora Nkemdiche si presento' dal re, facendo finta di avere trovato solo allora il gioiello. La giovane lo tiro' fuori dalla barba e tutti capirono che l'aveva sempre avuto lei. Gli uomini presenti si scandalizzarono, ma le donne erano orgogliose che Nkemdiche avesse beffato i ricercatori grazie alla barba. Il re voleva condannare a morte la ragazza, ma i servi uomini dissero: "Perche' non la costringe a tagliare la barba?". "Si', anzi faro' in modo che tutte le donne non se la facciano mai piu' crescere", disse il re. Da allora le donne non hanno piu' avuto la barba.


UN CUCCIOLO CON DUE MAMME
Viola e Margherita vivevano nello stesso palazzo, a pochi passi dalla scuola. Ogni mattina si davano il buongiorno dai loro balconi fioriti, mentre facevano colazione. Viola e Margherita erano molto amiche e spesso organizzavano delle uscite insieme. Ogni pomeriggio, dopo la scuola, sedute davanti a una tazza di tè facevano merenda. Fu cosi' che passarono gli anni e Viola e Margherita diventarono sempre più unite. Un giorno, mentre Viola giocava con la bambola sul balcone, Margherita la chiamo' a gran voce. "Guarda, Viola, affacciati alla ringhiera e guarda giu'!". La bambina mise a terra il giocattolo e diede ascolto all'amica. Sul marciapiede, proprio sotto le loro finestre, c'era un cucciolo di cane. Evidentemente impaurito, l'animale non sapeva che cosa fare. Faceva due passi e poi si sedeva, tornava al posto di prima e poi si spostava di nuovo. Ogni poco guaiva, agitava piano la coda e si rimetteva a sedere. Le due bimbe fecero a gara a chi si precipitava per prima in strada, per accogliere lo sfortunato cagnolino. Arrivate vicino all'animale, cercarono di avvicinarlo con delicatezza per non spaventarlo. Appena gli porsero alcuni pezzi di biscotto da mangiare, il cucciolo decise di fidarsi e mangiò quello che le piccole avevano portato per lui. Dopo aver coccolato il cane fino a stancarlo, Viola e Margherita capirono che dovevano decidere chi avrebbe tenuto il loro nuovo amico. "L'ho visto prima io, - disse Margherita, - quindi è mio di diritto". "Sì, è vero, ma il biscotto l'ha mangiato dalle mie mani e quindi vuol dire che di me si fida già", disse Viola. Dopo una breve discussione, le due amiche risolsero il problema in nome della loro amicizia. "Visto che abitiamo così vicine, ci occuperemo entrambe del cucciolo. Avrà due piccole mamme che gli assicureranno una doppia dose di coccole e cibo!".


LA CASA DEI MATTI
La casa dei matti che sta al numero zero è accanto all'ospedale e vicina al cimitero. La porta è di pietra i muri son di lana; dal camino esce acqua, fumo dalla fontana. Le sedie son di marmo, le scale di cartone; l'asino sta in soffitta e nella madia il carbone. Gli spiedi di mosconi girano sull'acquaio e ronzano i capponi intorno al lampadario. Le galline fan limoni il nonno zappa il tetto, il porco fa l'altalena e la capra bela a letto. Chi parte è benvenuto dicono addio a chi arriva, requiescat a chi si sposa e a chi muore: Viva, Viva!


SALTA IN GROPPA
Salta in groppa, salta in groppa al cavallo che galoppa. Il cavallo ha peli bigi, salta in groppa e va' a Parigi. A Parigi c'e'un gigante che cavalca un elefante. Elefante col trombone, salta in groppa e va' a Lione. A Lion c'e' un cavaliero che cavalca un lupo nero. Lupo nero, mamma mia! Salta in groppa e va' a Sorìa. A Sorìa c'e' un sorianello che cavalca un pipistrello. Pipistrel con un orecchio che si guarda in uno specchio. Nello specchio ci sta un mago che cavalca sopra un drago. Drago fuoco, drago fiamma, salta in collo della mamma!


LA DONNA MISTERIOSA
Agnomain di Crunniuc era un ricco latifondista irlandese. Sua moglie era morta dando alla luce uno dei bambini e ora l'uomo viveva solo con i tre figli in una casa solitaria tra le montagne. Un giorno, quando era solo nella sua abitazione, vide una donna che si avvicinava. Anche da lontano, sembrava molto bella. Arrivata davanti alla porta, entro' in casa comportandosi come se avesse sempre abitato li'. Comincio' a svolgere i lavori di casa e ad accudire i bambini non appena i piccoli tornarono dalla passeggiata a cavallo. Quando arrivo' la sera, la donna misteriosa preparo' la cena, mise a letto i bambini e chiuse la casa per la notte. Da quel giorno la donna si comporto' come una moglie e una mamma e nessuno le chiese mai da dove veniva e perche' si era fermata nella casa di Agnomain. La vita della famiglia era migliorata di molto e tutti erano piu' felici. "Questa donna ha portato la prosperita' nella mia famiglia" era solito dire Agnomain. Un giorno Erin, questo era il nome della donna, porto' i bambini alla fiera di primavera, in paese. Mise loro i vestiti piu' belli e li pettino' con cura. Quando stavano per uscire, Agnomain vide che la donna stava piangendo. "Perche' sei triste, tesoro, che cosa c'e' che non va?" le chiese l'uomo. "Niente, non preoccuparti" disse lei e usci'. Per tutto il giorno l'uomo penso' alle lacrime di Erin e non si dava pace. Il giorno dopo la costrinse a raccontare tutta la verita'. Fu cosi' che scopri' le sofferenze di Erin. Aveva avuto un marito e un figlio che le erano stati strappati da una fata malvagia e invidiosa della sua felicita'. Erin aveva cercato un po' di sollievo alla solitudine, grazie ai bambini di Agnomain. Ma adesso per non mettere in pericolo tutta la sua famiglia, se ne doveva andare. A nulla valsero le proteste dell'uomo. Erin lascio' la casa la notte stessa. Forse in cerca di un'altra famiglia bisognosa d'affetto.


NOTTE
La paura vien di notte con le scarpe tutte rotte e quando arriva il dì se ne va da chissachi'. La paura è grande cosi' soprattutto al giovedi', la paura va sui tetti e spaventa tutti i vecchietti, la paura va via di qui quando arriva il di'.


ILMULINO DI FINCASTLE
Tanto tempo fa nel mulino di Fincastle, in Scozia, abitavano dei folletti. Una notte una fanciulla, avendo finito la farina che stava usando per preparare la torta nuziale, ando' al mulino, dove nessuno osava mettere piede dopo il calar del sole. La giovane mise a bollire una pentola d'acqua e comincio' a macinare il grano quando fu "sorpresa" da Dobbie, un folletto un po' stupido e dispettoso. La fanciulla gli chiese chi fosse e lui le rivolse la stessa domanda: "Proprio io!" rispose la fanciulla spaventata e subito gli scaglio' addosso l'acqua bollente. Dobbie fuggi' da sua madre Meg, che subito cerco' vendetta. Dopo essersi sposata, la giovane si trovo' a raccontare cio' che le era successo e fu udita da Meg che le lancio' addosso uno sgabello a tre gambe. Il folletto ebbe cosi' la sua vendetta. Ma non le bastava. Cosi' Meg si stabili' nella nuova casa della sposa, dove aiutava la governante. La sposa, approfittandosi del suo aiuto, licenzio' tutta la servitu'. Meg, allora, se ne ando', lasciando la casa senza servitori. La governante non riusci' a riassumerli, perche' i domestici si erano offesi e non volevano piu' tornare. Visto che si era sparsa la voce, nessuno voleva andare a lavorare in quella casa. La sposa fu costretta allora a raddoppiare lo stipendio per avere ancora dei servitori per la sua famiglia.


GIROTONDO DELL'ANNO
Lo sapete che gennaio Tiene i frutti nel solaio, che febbraio piccolino, breve, freddo e biricchino? Arriva marzo pazzerello: esce il sole e prendi l'ombrello! Dietro a lui viene aprile: sbadiglia, sbadiglia, è dolce dormire. Esplode maggio ed è beato Chi per tempo ha seminato. Biondo ondeggia di giugno il grano Pronto sta il contadino con la felce in mano. Luglio "Lunghe son le giornate" Porta il pieno dell'estate. Ecco, torrido d'agosto, il solleone brucia il bosco. E' settembre un mese bello: sole misto a venticello. Davvero ottobre è generoso E di tutti è il più fruttuoso. A novembre i dì gelati Son dannosi ai campi seminati. A dicembre, neve abbondante Salva il grano per il pane croccante.


LA PIGRIZIA
La Pigrizia ando' al mercato Ed un cavolo compro' Mezzogiorno era suonato Quando a casa ritorno' Mise l'acqua, accese il fuoco Si sedette, riposo', ed intanto a poco a poco, anche il sole tramonto' Cosi' persa ormai la lena Sola, al buio, ella resto' E a letto senza cena La meschina se ne ando'.


L'ANELLO
Trucci trucci cavallucci sulla via dei princistruppi incontrai una fontanella mi ci lavai le mani mi ci cascò l'anello del dito picciriello pesca e ripesca non lo riusci a trovare trovai un pesciolino lo calzai e lo vestii lo portai a monsignore monsignore non c'era c'erano le sue sorelle che facevano le frittelle gliene chiesi una mi piacque proprio tanto gliene chiesi un'altra la misi sulla panca la panca era un po' cupa sotto c'era il lupo il lupo era un po' vecchio e non sapeva rifarsi il letto.


STELLA STELLINA
Stella stellina la notte s'avvicina la fiamma traballa la mucca è nella stalla la mucca e il vitello la pecora e l'agnello la chioccia con i pulcini la gatta coi gattini la capra ha il suo capretto la mamma ha il suo bimbetto. Ognuno ha la sua mamma e tutti fan la nanna.


L'ARROSTO FATATO
Una sera, d'inverno, marito e moglie stavano parlando dei loro vicini, che erano piu' ricchi di loro. "Se potessi avere tutto quello che voglio, sarei di certo piu' contenta di loro", disse la donna. In quel momento apparve una fata che disse: "Esprimete tre desideri, ma tre soltanto". "Vorrei essere bella, ricca e raffinata" rispose la moglie. "Io vorrei salute, allegria e una vita piu' lunga" disse il marito. "Perche' vivere a lungo, se si e' poveri?" disse la donna. "Fino a domani pensiamo a quello che ci serve di piu' e chiediamoglielo" propose l'uomo. "Va bene" disse lei. "Con questo bel fuoco vorrei avere un pezzo di arrosto per la nostra cena! disse la donna senza pensarci. E infatti dalla cappa del camino venne giù un pezzo enorme di carne. "Per colpa tua, ora possiamo chiedere solo due cose! Mi fai cosi' arrabbiare che vorrei che ti venisse un bubbone sul naso!" urlo' il marito. E infatti cosi' accadde. "Chiedero' di diventare ricchissimi cosi' ti faro curare" disse l'uomo. "Sei matto, io voglio che subito il bubbone cada per terra" disse la donna. Il bubbone si stacco' e la donna, che era furba, disse al marito: "La fata ci ha voluto far imparare la lezione. E' meglio avere meno voglie e prendere le cose come vengono". E quella sera cenarono in allegria con un ottimo arrosto.


SPINOSO, MA BUONO
Una sera un riccio usci', come tutti i giorni, fuori dalla sua gabbia per cercare da mangiare. Cammina, cammina, si fermo' sotto un albero. Vide che c'erano tante piccole mele che il vento aveva fatto cadere. "Ne voglio mangiare tante da riempirmi la pancia. Poi ne portero' anche ai miei amici" penso'. E cosi' fece. Inizio' a mangiare avidamente. Le mele erano molto buone, dolci e succose. Dopo aver mangiato abbastanza, il riccio penso' di cominciare a raccogliere i frutti per gli altri ricci. "Come posso raccogliere tante mele?", si chiese. "Nella bocca posso tenerne una sola". Si giro' sulla schiena e molte mele si infilano nei suoi aculei. Con il corpo coperto di mele, torno' verso la tana. Quando stava per arrivare, urlo' che era pronta la cena. "E' arrivato il riccio dai lunghi aculei con tante mele" dissero ridendo gli amici e tutti si avvicinarono. Certo gli aculei sono scomodi da portare e spesso fanno sentire i ricci brutti e goffi, ma a volte diventano molto utili e rafforzano l'amicizia.


CANZONE ALLA ROVESCIA
Sapevo una canzone alla rovescia, alla dritta non la so cantare. Mi levai una mattina, era di sera; presi una falce e me ne andai a vangare. Di sull'uscio montai sopra una quercia, e lì ciliegie cominciai a mangiare. Venne fuori il padron di quelle mele e disse: Lascia sta quelle cipolle!. "Avessi tanti occhi e tanto fiato quante delle tue noci io t'ho mangiato! Avessi tanto fiato e tanti occhi quanto ho mangiato io dei tuoi finocchi".


IL PIU' GIOVANE DEGLI ANIMALI
Un giorno tutti gli animali della savana si riunirono per decidere chi era il piu' intelligente. C'era il leone, l'elefante, la jena, la scimmia e molti altri animali. Tutti naturalmente pensavano di essere il piu' intelligente ma il leone decise che lo era solo l'animale piu' giovane. Inizio' cosi' la gara per dire il proprio giorno di nascita. La cerva disse che era nata l'anno della grande siccita', quindi aveva appena tre anni. Lo sciacallo disse di essere nato solo tre lune fa. La scimmia ci penso' un po' e poi disse: "Io sono appena nata". E tutti la applaudirono pensando che fosse lei la piu' intelligente. Ma proprio in quel momento sentirono una vocina che stava dicendo: "Zitti tutti, fatemi un po' di posto, sto nascendo". Era la lepre, che cosi' dicendo fece capolino da dietro un cespuglio. Tutti allora iniziarono a ridere e il leone, l'animale piu' saggio della savana disse: "Sei tu l'animale piu' intelligente perche' sei riuscito a dimostrare di essere il piu' giovane anche se non e' vero".


LA LEGGENDA DEI CORALLI
In un tempo lontano lontano, un pescatore stava tornando a terra con la sua barca. Il cielo si stava facendo scuro, non solo a causa del tramonto. Ma anche perche' le nuvole si stavano addensando all'orizzonte. Ad un certo punto, senti' un urlo straziante. Riconobbe a fatica la voce di una ragazza, visto che la tristezza e la paura le avevano camuffato il tono. Nonostante non fosse molto coraggioso, il pescatore decise subito che avrebbe fatto di tutto per salvare la giovane in pericolo. Fermo' la barca sugli scogli e a fatica la tiro' in secca, per non farla andare alla deriva. Il pescatore, per la fretta, non fece attenzione al carico di pesci che aveva con cura riposto sulla barca. Infatti, mentre trascinava la barca a riva, il pesce cadde su alcuni ramoscelli. La ragazza urlava e si dibatteva perche' una fata malvagia e invidiosa della sua bellezza l'aveva legata a una roccia, proprio vicino alla riva. Il mare, sempre piu' agitato e freddo, la bagnava con onde altissime. Il pescatore si butto' in mare, per liberare la giovane dalle catene che ormai si trovano sott'acqua. Intanto i ramoscelli venivano colorati di rosso dal sangue dei pesci. E a causa del freddo si indurivano immediatamente. La ninfa Malvina uso' quei ramoscelli per ornarsi e divertirsi. Quando si stanco' li lancio' in acqua. La leggenda narra che nacquero cosi' i primi coralli.


IL CAVALLO DEL CAVALIERE SENZA TESTA
Arnaldo, Armando e Aldo, figli di un ricco mercante, girando il mondo capitarono nella locanda di uno strano oste. Giocando a dadi con lui e perdendo, dovettero manterene una promessa. Avrebbero dovuto portargli il famoso cavallo del Cavaliere senza testa. L'oste malvagio, intanto, teneva prigioniero uno di loro, Arnaldo. I due fratelli partirono, assicurando che sarebbe ro tornati con il cavallo. Avevano promesso, ma in realta' non avevano nessuna idea di dove poter cercare l'animale magico. Cominciarono a chiedere a tutti i viandanti che incontravano, ma nessuno di loro aveva mai sentito parlare del cavallo del Cavaliere senza testa. O meglio, qualcuno di loro ne aveva sentito parlare, ma credendo che si trattasse di una leggenda, non avevano mai fatto caso al luogo dove rintracciare la bestia. Un giorno, pero', incontrarono un ometto basso e pelato che disse: "Certo che conosco quell'animale. L'ho visto proprio nel castello del Cavaliere senza testa, che in realta' la testa ce l'ha, ma porta sempre un elmo". L'uomo li accompagno' nel maniero e si fece ricevere dal padrone di casa. Racconto' la storia dei tre fratelli e il Cavaliere non solo non si commosse, ma li minaccio' di morte per averlo disturbato. Allora l'ometto si presento' come la persona che anni prima gli aveva salvato la vita, durante un inseguimento. Il Cavaliere lo abbraccio', regalo' il cavallo ai due ragazzi e tenne con se' l'ometto che da allora visse ricco e contento.


ISTINTO CACCIATORE
Una gatta si innamoro' di un giovanotto bello e gentile. L'animale allora chiese a una fata di trasformarla in una ragazza. La fata acconsenti' alla richiesta e la tramuto' in una dolce e meravigliosa donna. In questo modo, il ragazzo vedendola non avrebbe potuto ignorarla e anzi si sarebbe perdutamente innamorato di lei. Le avrebbe subito chiesto di sposarlo e cosi' i due sarebbero stati felici per sempre. La gatta-ragazza aveva avuto dalla fata anche bellissimi abiti e una casetta piccola ma molto accogliente. Un giorno, i due giovani erano nella casa della gatta. La fata volle fare una prova, per verificare che la gatta si fosse meritata il regalo che le era stato fatto. La maga allora fece apparire un topolino proprio nel salotto di casa. La gatta-ragazza fece un balzo e dal divano piombo' sul animale, con l'intenzione di mangiarlo. Si era completamente dimenticata della sua nuova condizione e delle promesse che aveva fatto. La fata, che si era accorta di avere fatto un errore, perche' la gatta non era pronta a diventare umana, annullo' l'incantesimo.


LUCCIOLA
Lucciola, lucciola, vieni da me ti daro' pan da re ti daro' pan da regina lucciola, lucciola, maggiolina. Lucciola, lucciola, vien da me, ti daro' veste da re e poi manto da regina lucciola, lucciola, vespertina. Lucciola, lucciola, vien da me! Ti daro' letto da re, e lenzuola da regina lucciola, lucciola, lucciolina.


FILASTROCCA DI CINCIRINELLA
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, pan biscotto e mortadella, viva la moglie di Cincirinella. Cincirinella aveva un podere e tutti i dì l'andava a vedere: se gli mamcava un tozzo di pane, dava la colpa al povero cane; se gli mancava un fuscellino, dava la colpa al contadino; se gli mancava una pera spina, dava la colpa alla contadina.


CRISTINA E LA FANTASIA DI UN FIOCCO DI NEVE
Siamo in inverno, mamma neve e babbo gelo decidono di mandare i loro figli fiocchi sulla terra. "Io, Ciccio, ti raccontero' tutta la spedizione neve" disse un fiocco a una bimba di nome Cristina. "Noi tutti fratellini fiocchi siamo felici di "nevicare" poiche', tre stagioni su quattro, dobbiamo stare nel frigorifero per paura del sole, pero' domani e' il grande giorno e si parte. La mamma ci accompagna nei frigoriferi letto per dormire presto poiche' domani sara' una giornata faticosa. Mentre noi tutti dormiamo, babbo gelo va da nonno temporale e nonna nuvola, apre la porta e saluta: "Buongiorno Comare nuvola! Buon giorno nonno temporale! Avrei bisogno di un favore, poiche' domani devo mandare i miei bambini sulla terra. Prima di tutto tu nonno temporale dovrai tenere ben chiuso l'innaffiatoio dell'acqua e tu Comare nuvola, verso le otto di mattina, terrai a bada il sole coprendolo! Grazie e arrivederci". Sbattendo la porta babbo gelo esce, si mette la sciarpa e la cuffia e scende sulla terra per fare calare la temperatura fino a raggiungere gli zero gradi. La mattina del giorno seguente alle ore otto Comare nuvola copre il sole e la mamma ci mette tutti in fila indiana e ci da gli ultimi consigli: "State attenti bambini, nell'aria danzate dolcemente e non abbiate paura!". Poi uno ad uno la mamma ci mette il cappottino bianco, il cappellino bianco, le scarpine e la sciarpina bianca, ci allaccia il paracadute e... via!!! Incomincia il ballo della neve: il piu' bello. Io Ciccio, con la mia amichetta Pimpa balliamo insieme, mentre zio venticello soffia leggermente e ci fa ondulare. Mamma neve intanto cuce ancora guantini, sciarpine e cappelli perche' sa che quando ritorneremo sotto forma di acqua ognuno di noi sara' senza qualcosa".


LANCILLOTTO
Sette, quattordici ventuno, ventotto, questo e' il gioco di Lancillotto. Lancillotto è giu' in cantina a cercare la regina, la regina e' andata via a lavar la biancheria. La regina e' andata a Roma a cercare la corona la corona e' gia' venduta la regina e' svenuta e' svenuto pure il re a vedere le cornacchie venir fuori dalla tazza di te'.

Antologia di favole  

 
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