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- Gran Dea, - (così si narra che un Pavone
dicesse, querelandosi, a Giunone), - m'hai dato un canto ch'è una stonatura, un canto vero orror della natura. L'usignol, un così vile uccellin, invece ha un canto, che a sentirlo è un dolce incanto, tanto è flebile e gentile -. A lui Giunon, dei gangheri un po' fuori, così rispose: - E può nutrir nel seno gelosa invidia per un usignolo una bestia che par l'arcobaleno? Tanto ricca di luci e di colori, che sol pavoneggiandosi, dispiega una coda sì splendida, ch'è meno d'un orefice bella la bottega? Non c'è bestia, allo stringere del conto, che ti possa in beltà stare a confronto. Fecer gli Dèi le bestie di maniera, che ognuna avesse qualche qualità: è leggier il falcon, l'aquila fiera, a chi gran corpo, a chi valor si dà, se l'uno o l'altra gracchia, il Corvo serve pel cattivo augurio, e pel tempo cattivo la Cornacchia. Tu fa' che a lamentarti più non t'oda, o ti strappo le penne della coda -. |
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